Le libere donne di Magliano

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La matêria, con la e chiusa, è il termine con cui, nel dialetto del mio paese, si definisce la stolta stramberia ed è un modo simpatico per apostrofare gli atteggiamenti dei ‘matti’. Da quando ho visto il film di Diritti su Ligabue è iniziato un casuale quanto piacevolmente triste viaggio nella matéria visitando mentalmente prima il manicomio di Reggio Emilia poi quello di Imola dove era ricoverato Bonfiglio Liborio, il cocciamatte che ha vinto il Campiello, fino a quello di Magliano (in realtà Maggiano) dove Mario Tobino, scrittore e poeta, ha esercitato la professione di psichiatra. Tobino, fine letterato che incanta con la sua scrittura, fu fiero oppositore di Franco Basaglia il quale lo accusava, per il suo atteggiamento caritatevole, di aiutare il potere nella sua opera di emarginazione dei ‘matti ‘ traducendo la follia in malattia allo scopo di eliminarla. Tobino, per contro, e lo si capisce leggendo il suo libro più famoso, pensa che la follia sia una delle tante misteriose e divine manifestazioni dell’essere umano, un’altra realtà dove le emozioni sono più sincere e non meno vive. Io sto con Basaglia ma non posso non apprezzare il sincero romanticismo di Tobino che, avendo realmente passato la vita in manicomio, ci restituisce dei ritratti delle internate, più o meno gravi, più o meno guaribili, carichi di pathos e di pietas che ci fanno sorridere amaramente. Le libere donne di Magliano, in un’edizione Oscar Mondadori uscita nel 1963 dopo oltre dieci anni dalla prima pubblicazione e trovata in una bancarella dell’usato a Spina, mi ha talmente ammaliato che ieri l’ho iniziato e stamani l’ho concluso con piacevole stupore e voglia di approfondire. Il realismo con cui Tobino descrive le donne internate nel manicomio sulle colline lucchesi incanta, la sua sincera dedizione a quelle creature commuove come commuovono le loro storie quasi tutte ambientate nella realtà contadina toscana degli anni Cinquanta. Se avete voglia di visitare le stanze della follia, Mario Tobino è la vostra guida perfetta. ‘…e così completa lo stupore, il mistero della pazzia, che da intarsio mirabile di una persona fa mucchio informe di detriti’.

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