Dieci anni di Luci Written by antoniorapezzi View this post on Instagram Mi capita sempre così. Dopo aver parlato delle tante, troppe, cose brutte che succedono nel nostro paese, ho bisogno di occuparmi di qualcosa di bello perché come dice il principe Miškin nell’Idiota di Dostojevski, ‘la bellezza salverà il mondo’. Il libro con cui Vasco Brondi chiosa l’avventura chiamata Le luci della centrale elettrica, dopo dieci anni di attività, ne contiene talmente tanta che non riuscirò senz’altro a darne la benché minima idea in queste poche righe. Vasco non è un cantautore generazionale per il semplice motivo che piace così tanto a me che potrei essere suo padre. Lo definirei piuttosto l’unico trait d’union tra il mondo ideologico vissuto dalla mia generazione e quello post-ideologico della sua. Sensazioni, stati d’animo, ossimori, citazioni, poesia, prosa vengono passati al tritatutto e ne esce un liquido denso di endorfine che sazia la voglia di emozionarsi presente anche oggi nel bel mezzo di questa Cara catastrofe, dove per salvarsi occorre cercare paradossali opportunità di crescita. Ho letto d’un fiato questa autobiografia in cui intervengono molti dei suoi maestri o talismani, come li definisce lui, e ho trovato conferma che le affinità che ho con Vasco sono ben superiori alle divergenze che si limitano alla mia incapacità di avere un approccio felice, come il suo, allo yoga e alla meditazione per la necessità ineludibile che hanno la mia mente e il mio corpo di movimento reale, e anche frenetico. Ho trovato da subito, da quando dieci anni fa lo scovai casualmente in rete, stupefacente la sua capacità di utilizzare la parola che nei suoi scritti e nel suo cantato hanno una potenza sentimentalmente devastante. Negli ultimi due album poi, ha trovato anche una strada musicale originale con cui è diventato l’unico musicista che, senza compromessi, piace a tutti, oltrepassando gli angusti confini in cui è confinata la musica alternativa, alla faccia dei soliti insopportabili critici che gli imputano chissà quale colpa per essere uno dei pochi che riesce ancora a vendere dischi senza seguire la moda del momento. Che è solo un momento di crisi di passaggio che io e il mondo stiamo comunque superando. A post shared by Antonio Rapezzi (@antoniorapezzi) on Oct 30, 2020 at 10:13pm PDT PubblicitàCondividi:TwitterFacebookMi piace:Mi piace Caricamento... Correlati Rispondi Cancella risposta Scrivi qui il tuo commento... Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso: E-mail (obbligatorio) (L'indirizzo non verrà pubblicato) Nome (obbligatorio) Sito web Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. ( Chiudi sessione / Modifica ) Stai commentando usando il tuo account Facebook. ( Chiudi sessione / Modifica ) Annulla Connessione a %s... Notificami nuovi commenti via e-mail Mandami una notifica per nuovi articoli via e-mail Δ